Da diversi anni la memoria ed i meccanismi neurofisiologici che la determinano sono la mia passione ed il mio campo di studio e di ricerca principale.
Mi sono recentemente imbattuto in un fenomeno che molti conoscono ma a cui pochi riescono a dare una spiegazione: la straordinaria capacità di memorizzazione caratteristica delle persone con sindromi dello spettro autistico. Nell’immaginario collettivo queste persone hanno difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni e spesso ciò viene distorto in un “non provano emozioni” o comunque si tende a credere che l’intensità delle loro risposte emotive sia di gran lunga inferiore rispetto a ciò a cui siamo abituati.
Premetto di non essere un neuropsichiatra e di non aver approfondito nel corso dei miei studi questo specifico aspetto dell’autismo. E proprio questo mi ha spinto a volerne sapere di più.
In particolare volevo sapere: avendo già appurato come fatto certo nella mia esperienza che le emozioni sono una componente fondamentale per la memorizzazione, com’è possibile che proprio le persone che in teoria non riescono a processarle abbiano una così sviluppata capacità mnemonica?
Ho quindi voluto attingere queste informazioni direttamente alla fonte ed ho intervistato una persona con sindrome di Asperger, una sindrome dello spettro autistico diventata recentemente più nota al grande pubblico in seguito alla diffusione di notizie sulla giovane attivista ambientalista svedese Greta Thunberg.
Ecco riportata la mia intervista:
Se devi ricordare qualcosa, ad esempio una lista di oggetti, come fai?
“Rileggo a voce alta la lista, ma cerco di dare una collocazione ad ogni riferimento; se per esempio devo comprare il latte, mentre leggo penso contemporaneamente a mio figlio e sulla lista scriverò latte e biscotti e così non avrò nemmeno bisogno di consultare la lista durante la spesa.”
Ci sono delle cose che ricordi di più e altre meno?
“Assolutamente sì, per esempio riesco a ricordare esattamente, parola per parola, una frase detta da qualcuno, specialmente se nel contesto si parla di un’emozione. Invece non ricordo alcune frasi che ritengo poco interessanti; ad esempio odio sentir parlare di pulizia della casa, lo trovo assolutamente irrilevante perché è una cosa talmente comune che ritengo molto noioso parlarne.”
Dicevi di usare le immagini per memorizzare. E come fai con i concetti astratti? E con i numeri ad esempio?
“Una mente artistica ha una totale capacità di ampliamento dei concetti astratti; solitamente è come avere in mente una grande stanza piena di archivi e a seconda del momento si apre quello specifico cassetto e si viaggia intorno a quell’argomento. Se devo immaginare un momento, dei numeri o una situazione, devo solamente immaginare di riporlo dentro un cassetto di memoria dando un’importanza fondamentale a quel ricordo, così da obbligare la mente a custodirlo nella banca memoria. Basta semplicemente immaginare l’oggetto al rallentatore cercando di esaltarne i dettagli. In pratica gioco sullo stato emotivo. Mi immedesimo molto nella situazione. Anche se le persone pensano che un autistico non possa avere emozioni, è proprio il contrario. I cinque sensi sono amplificati. Spesso per noi è difficile tirare fuori questo enorme bagaglio di emozioni, perché è talmente vasto che è difficile, come voler far passare dieci persone contemporaneamente dalla stessa porta.”
Come organizzi o organizzavi lo studio dei libri?
“Io solitamente rileggo più volte le frasi che possono essere complesse. Ad ogni frase cerco di associare un ragionamento e mi immedesimo nell’autore fingendo di spiegare l’argomento. Il mio piccolo trucchetto è affiancare un certo stato emotivo accanto alla situazione o frase da ricordare, se ad esempio devo tenere a mente un pezzo della Divina Commedia, mi immedesimo nel personaggio totalmente”
Dove vai a “cercare” le informazioni che hai in testa quando ti serve tirarle fuori?
“Semplicemente ho creato una stanza-archivio e piano piano col tempo ho allenato la mia mente ad avere accesso a quella stanza. Inizialmente ricordavo solamente alcune immagini o dettagli, poi col tempo ci si allena perché il cervello è flessibile e si può comandare tranquillamente questo gesto, però ci vuole tempo.”
L’avere una buona memoria in cosa ti ha aiutato di più?
“Mia mamma è tedesca, io non parlavo tedesco da molti anni. Poi mia mamma in seguito ad un ictus ha iniziato a parlare solo la sua lingua madre, quindi ho dovuto ripercorrere la mia infanzia con le immagini della memoria per poter parlare di nuovo con lei”
Hai parlato di dare una collocazione alle informazioni da ricordare e di una stanza-archivio. Per collocarle usi un luogo che già conosci o ne hai creato uno da zero?
“Uso questo luogo/immagine creato da me spontaneamente. è credenza popolare che noi autistici non abbiamo fantasia o immaginazione ed è appunto questa un’informazione errata, è proprio il contrario: abbiamo un eccesso di immagini. Io stessa per anni ho avuto episodi di smarrimento proprio perché mi ero creata una seconda vita immaginando esattamente dove volevo essere e con chi, con tanto di fluenti dettagli e conversazioni molto complesse. Ovviamente ero cosciente di essere in un mondo mio ma giusto per far capire che nella mia testa posso avere molteplici avvenimenti o storie dettagliate. Solo che ho voluto, immedesimandomi nei miei personaggi, uscire dal guscio e testare questa esperienza dal vivo. Fino ai 16 anni non rispondevo agli stimoli, non volevo essere toccata ecc. Ora nessuno sa che sono Asperger, ho sviluppato delle doti eccezionali nel nascondere la mia diversità.”
Da quanto tempo usi queste strategie per memorizzare? E te le ha insegnate qualcuno o hai sviluppato spontaneamente questo metodo?
“Le uso da quando avevo 16 anni e poi col tempo ho affinato la tecnica. Tutto da sola. Erano anche tempi diversi; se c’era un bimbo particolare non ti mandavano dal neuropsichiatra infantile come fanno ora, si limitavano a dire che eri un bimbo particolare. Io smontavo e rimontavo tutto. Il primo Olivetti 127 l’ho smontato e rimontato. Sai quante botte ho preso a casa? Mio figlio è asperger come me ma ancora senza diagnosi e già ha capito che se lo porto da qualcuno si deve comportare come i bimbi che vede in tv; a casa invece si appassiona di motori della macchina. Ha due anni e mezzo”
Personalmente sono rimasto affascinato da questa intervista e mi ha fatto riflettere su due cose:
– quanto siamo abituati a vedere solo i problemi di alcune persone e quanto la presunzione di pensare di non avere nulla da imparare anche da qualcuno che si considera “diverso” da noi sia in realtà il limite principale al nostro apprendimento.
– quanto sia incredibile che questa persona, come altre con questa stessa caratteristica, abbiano imparato spontaneamente quelle che alla fine sono tutte le strategie fondamentali delle stesse tecniche di memoria che insegno e che la maggior parte delle persone, compreso me qualche anno fa, deve invece imparare o farsi insegnare da fonti esterne.
Tutti quanti possiamo imparare ad avere una memoria “da autistici”, e le risposte che mi ha dato questa persona me lo hanno confermato perché le strategie che usa sono basate sugli stessi principi di quelle che insegniamo noi e perché, come tutti, le ha allenate ed affinate col tempo.
Stefano Basile
L’intervista sopra riportata è stata resa pubblica col consenso della persona intervistata ed è riportata in forma anonima per garantire il diritto alla privacy alla suddetta persona.