IL LINGUAGGIO DEL CORPO È UNIVERSALE?

Probabilmente avrai sentito affermazioni tipo: chi tiene le braccia incrociate è chiuso, non ha voglia di comunicare, non ti sta ascoltando… La domanda quindi è: ma queste affermazioni sono vere?  

Sì.

E No.

In giro ci sono moltissimi libri sul linguaggio del corpo che ti spiegano come ogni singolo movimento del tuo corpo abbia un significato, secondo me arrivando a volte al limite dell’assurdo. Porto un esempio da un libro che non voglio citare: “se incrociate la caviglia sinistra sulla destra sotto la sedia, il vostro clima mentale è sul bello stabile. Al contrario, se incrociate la caviglia destra sulla sinistra, il vostro clima mentale è psicorigido.”

Eh? Ma stiamo scherzando? E va avanti così per quasi 400 pagine. Nel libro si parla della differenza di braccia, gambe, corpo e addirittura con quale dito ti picchietti quale dente. Per me, dire che queste affermazioni siano universali è una follia. Il Linguaggio del Corpo a differenza delle Microespressioni Facciali non è per forza universale, in quanto influenzato dalla nostra cultura. Una persona, potrebbe incrociare le braccia semplicemente perché ha freddo? Perché è stato abituato fin da piccolo a tenere le braccia in quel modo mentre ascolta?   Certo che sì.

La base line infatti, è importantissima quando si tratta di Linguaggio del Corpo o calibrazione in generale. Farsi una Base line, significa osservare quali sono i comportamenti tipici di una persona, quali azioni compie di solito. Se qualcuno inizia a grattarsi le mani, potrebbe essere un segnale di stress, ma lo è altrettanto, se non forse più importante, quando uno che si sta grattando smette. In generale, non soffermarti su delle regolette  che ti dicono cosa devi guardare, ma piuttosto nota le differenze!

Sonny Zanon

I VANTAGGI DI UNA MAPPA MENTALE

Che cos’è una Mappa Mentale? Si tratta di uno strumento di organizzazione creato dal cognitivista inglese Tony Buzan, a partire da alcune riflessioni sulle tecniche per prendere appunti. Il fine consiste nell’implementare la memoria visiva e quindi la memorizzazione di concetti e informazioni in sede di richiamo.

Tony Buzan infatti, negli anni 70, si è accorto che molti geni del passato tra cui Leonardo Da Vinci, Nicola Tesla, e il filosofo Giordano Bruno, avevano un modo particolare di organizzare le loro informazioni. Partivano da un’immagine centrale, e poi andavano con una struttura a ruote e rami dall’informazione più importante al dettaglio, andando dal più grande al più piccolo. Tony Buzan ha riadattato questo metodo inventando le Mappe Mentali, che ha portato da prima in azienda e poi le ha rese disponibili per tutti. Pensa che alla Boeing (costruttrice statunitense di areomobili e la più grande azienda nel settore aerospaziale), dopo l’assunzione di un nuovo dipendente, già laureato in Ingegneria, era necessario un corso di formazione di due anni per insegnare a progettare gli aerei. Dopo l’introduzione delle Mappe Mentali di Tony Buzan, il corso è stato ridotto a sei mesi!

Quali sono gli effettivi vantaggi di una Mappa Mentale?

  • Il nucleo principale è presentato in maniera immediata ed evidente;
  • Forniscono una visione globale dell’argomento con tutte le informazioni in un unico colpo d’occhio;
  • L’organizzazione gerarchica ad anelli concentrici permette di individuare immediatamente il generale dal particolare;
  • La sua natura associativa permette di individuare velocemente la connessione esistente tra un’informazione ed un’altra, favorendo la comprensione dei concetti e riducendo al minimo il rischio di confondere due informazioni distinte;
  • Molto semplice e veloce da consultare o ripassare, le informazioni sono poche e tutte visibili, per cui si trovano facilmente;
  • La sola stesura di una Mappa Mentale richiede una rielaborazione delle informazioni che consente già di memorizzare gran parte del contenuto… la successiva memorizzazione richiederà pochissimo tempo!
  • La presenza di concetti chiave e non di frasi intere allena la capacità espositiva, che diventa una propria elaborazione degli argomenti e non una tediosa e poco produttiva recitazione parola per parola del testo.

Sonny Zanon

GENIALE COME SHERLOCK HOLMES E HANNIBAL LECTER

Sherlock Holmes, strabiliante Detective dalle incredibili abilità deduttive.

Hannibal Lecter, psicopatico geniale dalle discutibili abitudini alimentari.

Se stai leggendo questo articolo è probabile che tu abbia già sentito parlare di questi due personaggi, ma se così non fosse sappi che provengono rispettivamente dall’immaginazione di Arthur Conan Doyle e Thomas Harris, ed entrambi usano la Tecnica di Memoria del “Palazzo Mentale”. La prima volta che sentii parlare del Palazzo Mentale fu durante le superiori, leggendo Hannibal, il terzo romanzo di Thomas Harris. A quel tempo non sapevo nulla di tutte le incredibili strategie che conosco adesso, e rimasi affascinato dall’idea che il Dr. Lecter potesse ricordare tutto quello che voleva depositando le informazioni in un palazzo che esisteva solo nella sua mente. Una frase del romanzo che mi rimase molto impressa: sbatté le palpebre una sola volta, come lo scatto di una macchina fotografica. Purtroppo classificai tutto come fantasia dello scrittore e accantonai l’idea, non poteva esistere una cosa del genere; ma mi sbagliavo. Poco dopo, guardando la serie Sherlock, saltò fuori la stessa parola: “Palazzo Mentale”, anche lui la usava. A quel punto mi venne il dubbio che qualcosa di vero ci doveva pur essere, iniziai ad informarmi in giro, e successivamente feci un corso,  scoprendo che la tecnica esisteva veramente, e non solo, che era facilissima da usare. Era un’antica tecnica di memoria (una delle molte), le cui origini risalgono già al tempo dei romani, che, strano a dirsi, erano più bravi di noi a ricordarsi le cose. Ora, coi nostri cellulari e strumenti tecnologici tendiamo a memorizzare sempre meno, il che andrebbe bene, se non fosse che il nostro cervello, se non stimolato, perde a poco a poco quell’abilità. Ecco perché ti consiglio di tenerti sempre allenato imparando cose nuove, chi sia uno sport, un gioco, o la capitale di uno stato.

Con le giuste strategie puoi essere anche tu geniale come Sherlock Holmes.

Sonny Zanon

Sherlock Holmes

MEMORIA A BREVE TERMINE: HO POCA MEMORIA?

Dove sono le chiavi? Ma dove ho messo il cellulare? Stamattina avevo tutto quando sono uscito di casa?

Ti capita di farti domande simili? Allora sei spacciato, mi dispiace…

Ovviamente scherzo, e ci tengo subito a tranquillizzarti che no, non è vero che hai poca memoria, queste cose capitano a tutti, anche a chi non lo ammette.

Noi in realtà possediamo tre tipi di memoria:

– Breve Termine

– Medio Termine

– Lungo Termine

La memoria a Breve Termine è quella di lavoro, quella che usi per ricordati di prendere il bicchiere in cucina, o per ripeterti in testa un numero di telefono appena sentito. Solo che questo tipo di memoria, basata perlopiù sulla ripetizione, non è fatta per conservare le informazioni, ma solo per “spostarle” da un posto all’altro: dal salotto alla cucina. Il problema però, è che se qualcuno ti distrae rischi di arrivare in cucina e non ricordati nemmeno perché ci sei andato. Capitato?  

La memoria a Medio Termine invece è quella che chiamerei dello studente. Studi, fai la verifica (magari prendendo anche un buon voto), ma il giorno dopo ricordi solo metà di quello che sapevi. Due giorni dopo sulla stessa interrogazione potresti prendere 4, o peggio. Questo è il motivo per cui non ricordiamo quasi niente di quello che abbiamo studiato a scuola. Il nostro cervello è una macchina a risparmio energetico, e quello che non viene utilizzato lo cancella per far spazio a qualcosa di nuovo. Ma si può fare in modo di non cancellare quello che si è imparato? Si, e qui entra in gioco il terzo tipo di memoria. 

La memoria a Lungo Termine infatti, è quella che ci portiamo a vita, le cose che ricordiamo per sempre, che sai e basta.

Dimenticare

La differenza tra i tre tipi di memoria si può base su diversi fattori: uno è quello legato alle emozioni, che abbiamo già approfondito in un precedente articolo, un altro è come depositiamo le informazioni nella nostra mente.

«Quando memorizzi qualcosa, dove la metti? »

«Dove la metto? In che senso?» potresti rispondere, e hai ragione perché noi non siamo consapevoli di “dove sta” quello che abbiamo memorizzato. Collochiamo le informazioni nella nostra mente senza ordine, a caso, e quando vogliamo accedervi non sappiamo dove andarle a trovare.

La maggior parte di noi quando studia usa il classico metodo della ripetizione. Ma che sia a mente, a voce, davanti allo specchio, o al cane, non fa molta differenza; il ricordo non dura molto. Utilizzando le immagini invece, abbiamo un punto di riferimento. Supponiamo che tu voglia ricordarti di prendere le chiavi, ecco come fare: immagina l’ultima cosa che vedi di solito prima di uscire di casa, che per molti sarà la porta. Ora immagina che la maniglia della porta si trasformi nella chiave di casa tua, e che nell’aprirla ti tagli la mano con la parte seghettata. Sicuramente è un’immagine strana, e per questo collegata alle emozioni, ma inoltre è collegata ad un oggetto fisico, e quindi ogni volta che ci passerai davanti, vedendo la maniglia, non potrai fare a meno di pensare alla chiave. Sperimenta questo semplice sistema con le tante piccole cose che ti devi ricordare, e fammi sapere come va.

Sonny Zanon

MICROESPRESSIONI FACCIALI PER I BAMBINI DANESI

Le Microespressioni Facciali sono una serie di micro movimenti muscolari codificati dallo psicologo Paul Ekman, che vanno a comporre un’emozione. Sono sette: felicità, paura, sorpresa, rabbia, disgusto, tristezza e disprezzo. L’uso di queste Micorespressioni viene spesso associato a casi criminali, in quanto sono un ottimo modo per capire cosa sta veramente provando una persona sotto interrogatorio. Di fatto, la loro fama è cresciuta molto dopo la serie “Lie to me”, col grande Tim Roth come attore protagonista. Ma questo, è l’unico uso che se ne può fare? Certo che no.

Ti fa comodo sapere se un tuo amico si finge felice? Capire se la tua ragazza, tua moglie, o tuo figlio sono tristi o arrabbiati? Le Microespressioni Facciali sono in realtà un ottimo strumento di empatia, che ti permette di creare migliori relazioni con chi ti circonda.  Prova ne è quello che fanno in Danimarca. Nel sistema scolastico Danese, c’è un programma nazionale obbligatorio che si segue fin dall’asilo e che si chiama Step by Step.

Ai bambini vengono mostrate immagini di coetanei che esprimono diverse emozioni: paura, tristezza, rabbia… Ovvero le sette emozioni primarie di Ekman, per intenderci. I piccoli descrivono le immagini e descrivono a parole quello che prova il bambino nella fotografia, imparando così a concettualizzare i propri sentimenti e quelli altrui. In questo modo imparano l’empatia, l’autocontrollo e come si leggono le espressioni del viso. Una parte importante del programma sta poi nel non giudicare quelle emozioni ma prenderle così come sono. Detto questo, ci tengo a ricordare per chi non lo sapesse, che i Danesi sono la popolazione col più alto grado di felicità nel mondo.

Saper capire gli altri, è il primo passo per andarci d’accordo.

Sonny Zanon